“LA MASCOLINITÀ TOSSICA” di Chiara Mazzette e Claudia Tuveri

Cosa rende un uomo tale? La sua identità di genere? No, abbiamo superato da tempo queste definizioni fantascientifiche. Ciò che rende un uomo “uomo” è la forza bruta, i muscoli, il puzzo di sudore e i lavori fisicamente provanti. Per questo i “troll” su Instagram si permettono di appellare Fedez con slur omofobi perché decide di smaltarsi le unghie.

Stereotipi come questi nascono da un qualcosa di più radicato, che a sua volta è tratto da atti di misoginia e omofobia e che oggi indichiamo con il termine machismo.

Ma cosa si intende per “machismo”?

Quando parliamo di mascolinità tossica (o machismo, appunto), facciamo riferimento a un concetto oggetto della psicologia sin dagli anni Ottanta, che descrive un insieme di atteggiamenti, modi e regole culturali che, all’interno di una società patriarcale, etichettano il genere maschile come superiore, violento e non-emotivo.

La tossicità di cui parla il termine è rappresentata dai diversi danni che la mascolinità può provocare alla salute psico-fisica dell’individuo; molti studi hanno infatti riconosciuto che i soggetti che reprimono le proprie emozioni sono più propensi a cadere in depressione (“Che esagerazione, l’uomo è forte!!”).

La mascolinità, a differenza di come molti pensano, può essere diversa da individuo a individuo: la timidezza, la sensibilità o l’emotività sono caratteri psicologici che contraddistinguono una persona (di qualunque genere sia) e che non per questo impediscono a un uomo di essere tale o sono da considerare tratti tipici di una donna.

Per molti questo concetto è l’ennesima invenzione delle femministe che tentano in ogni modo di far passare gli uomini cisgender eterosessuali, i veri oppressi di questa società, come i villain di turno.

Tralasciando per un secondo il sarcasmo, la ragione di questa avversione dell’uomo nei confronti di tutto ciò che non è “virile” è dovuta a una serie di atteggiamenti che vengono inculcati nelle menti dei bambini sin dall’infanzia: non giocare con le bambole, il trucco è per le femmine, i ragazzi non piangono.

Qual è la conseguenza? Un mondo in cui i maschi (in generale) si sentono inadatti se non amano gli sport (“quelli veri, mica il pattinaggio artistico con i suoi completini aderenti di strass!”), se non si sentono di fare il primo passo o se esprimono apertamente le proprie emozioni.

Fortunatamente alcune icone del mondo dello spettacolo si muovono contro lo stereotipo del “macho” come Achille Lauro, il David Bowie della Generazione Z, che se non si è curato dei commenti altrui quando, a Sanremo 2020, ci ha illuminati con la sua luccicante tutina di Gucci; o come i Queen che, nell’iconico video di “I want to break free”, tra tacchi e parrucche bionde, hanno trionfato nel parodiare la soap opera “Coronation Street”.

In qualità di primo uomo da solo in copertina in 128 anni di storia del magazine “Vogue America”, Harry Styles non ha di certo deluso le aspettative, indossando con grande carisma un abito direttamente dalla Gucci’s Fall ’20 Runway.

Anytime you’re putting barriers up in your life, you’re limiting yourself

“Ogni volta in cui ti costruisci delle barriere nella tua vita, ti stai limitando” dice Styles ammettendo di ammirare spesso i vestiti “da donna” e ispirando i suoi outfit sgargianti a showman come Elvis, Prince o Elton John.

Confinarsi in un canone limita esponenzialmente le nostre possibilità. Chiudendoci nella gabbia di “maschio” o “femmina” uccidiamo la nostra espressività.

Oggi le diverse sfumature della mascolinità sono molto più accettate che in passato, e devo ammettere che per me essere vulnerabile coincide spesso con l’essere a mio agio nel mio corpo. Succede attraverso la musica, la scrittura e le confidenze con gli amici, ed è qualcosa che faccio molto spesso, ormai

harry styles

Quello che hai detto è estremamente bello e d’ispirazione e si lega in un certo modo a quello che dicevamo sul sentirsi a proprio agio nel caos e sul creare nella follia.”

Replica Timothée Chalamet in un’intervista per i-D Magazine e noi non potremmo essere più d’accordo.

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