LE “MAESTRE” DI BASTIANA MADAU
Partecipato e apprezzato incontro quello di venerdì scorso nell’Aula Magna del Liceo Asproni. Nell’ambito del progetto “Libriamoci” curato dalle prof.sse Venturella Frogheri e Paola Serra, docenti di Lettere del nostro Liceo, è intervenuta Bastiana Madau, autrice del libro “Maestre dell’Università sconosciuta”, edito nella “Piccola collana di memorie”, ideata da Salvatore Tola e pubblicata dalla Soter editrice.
L’autrice, laureata in Filosofia all’università La Sapienza di Roma, per molti anni direttrice delle biblioteche comunali di Orani e di Orgosolo, ha lavorato come editor, critica letteraria, conduttrice di laboratori di educazione alla lettura e alla scrittura.
Ed è proprio il piccolo borgo di Orani, paese natale di Bastiana Madau, che viene nel libro rappresentato come un microcosmo entro il quale si compie per l’autrice l’incipit di un percorso formativo affidato soprattutto alla influenza ed alla autorevolezza di mastras, sagge depositarie di un sapere atavico sapientemente custodito ed altrettanto generosamente offerto e condiviso come tesoro prezioso di insegnamenti.
Come ha sottolineato anche la prof.ssa Frogheri nelle sue note di presentazione: “sapere nel senso etimologico del termine, che allude al verbo latino sapio, nel significato di aver sapore: quindi un sapere che dà sapore alla vita, che una volta autenticamente interiorizzato è in grado di far crescere in una sempre più matura consapevolezza di sé“
Particolarmente gradita la presenza in Aula Magna di un’ex allieva del Liceo, Cristiana Mallocci, che s margine dell’incontro ha portato all’attenzione delle curatrici del progetto una recensione sul libro di Bastiana Madau, che con piacere pubblichiamo:
Maestre dell’università sconosciuta” è il titolo dell’affascinante e suggestiva opera dell’autrice oranese Bastiana Madau, la quale si pone la coinvolgente, complessa e innovativa sfida di narrare ed elogiare il principale e fondante ruolo delle figure femminili, nel ricco e arricchente contesto di una società relativamente arcaica, dunque avvolta in un’antica e dirompente melodia che profuma di un lirico antico ed esemplare passato dal quale scaturisce però non una nostalgica idealizzazione di esso, bensì un’incontenibile ed entusiasmante nostalgia di futuro. Quello stesso racchiuso tra le dolci e rassicuranti nenie, filastrocche e storie formulate e appartenenti a un pregiato e significativo patrimonio popolare, il quale rappresentava il più efficace ed essenziale nutrimento dell’animo infantile impresso e fedele al valore generativo e rigenerante di vocaboli ben detti, i medesimi di cui erano ricolme le appassionate e appassionanti narrazioni che venivano prontamente effettuate e declamate con ardente intensità e delicata audacia femminile sulle fedeli, indelebili ed eterne orme degli originari e preziosi aedi, inestimabile e principale fondamento di una cultura originata dal magnifico e tremendo potenziale e valore demiurgico della parola, la quale costodisce in sé l’eccezionale e oscuro potere di ferire o rimarginare, di guarire o far ammalare, in particolare se preferite dalle figure di riferimento. Come ricorda sapientemente la celebre psichiatra spagnola Marian Rojas Estapè, se le parole vengono pronunciate da figure primarie assumono un particolare valore demiurgico, generativo o degenerativo a seconda della scelta che viene adoperata e della modalità con cui vengono pronunciate, innescando e determinando un impatto diretto e immediato. Esso può risultare estremamente salvifico o perniciosamente fatale nel nostro organismo. Le parole assumono dunque il ruolo di farmaco o veleno. Proprio in virtù di tale empirica e ragionevole constatazione quelle sapienti ed esemplari donne sottoponevano la vita quotidiana a una indefessa narrazione profetica positiva e benedicente, seppur senza eludere e reprimere la tragica, dolorosa ma didascalica e componente della sofferenza, in quanto parte integrante della vita. A motivo di tale pragmatica e illuminante consapevolezza, infatti, neppure nelle potenti e significative narrazioni infantili si escludeva questo aspetto ed anzi vi compariva con una modalità particolarmente frequente ed eloquente, oltre che con disarmante e cristallina naturalezza, originata e sprigionata da un’autentica e feconda sapienza di vita. La stessa che traspare dalle eroiche e immense figure, appartenenti all’eroismo proprio della quotidianità e che costituisce il ferreo e decisivo fondamento di una primigenia ed esaustiva epica del quotidiano, fra le quali possiamo con ferma ed energica fierezza e certezza, scorgere e annoverare l’ispiratrice e potente figura di Marianna Bussalai: entusiasta, sensibile e profonda poetessa nonché audace e imprescindibile componente della stregua ed eroica resistenza antifascista ma anche emblematica ed eccezionale donna di cultura, la quale aveva trovato nella poesia una proficua modalità attraverso la quale sfuggire all’orrore mediante il potere curativo della bellezza e della parola. Era profondamente e autenticamente conscia del loro immenso, terribile e temibile potenziale, vitalmente e calorosamente costruttivo o al contrario, letalmente, crudamente e crudelmente distruttivo. In un mondo nel quale dilagano l’odio, la morte e lo sconforto, Marianna sceglie dunque, di essere generosa e convinta dispensatrice di benedicenti parole di amore e di vita, plasmando e sottoponendo così, l’avvenire a una narrazione profetica positiva. Questa infatti non tarderà a compiersi con il tanto atteso e sospirato avvento della agognata e sofferta liberazione. La medesima modalità narrativa che ha costellato e ricolmato la ricca, indimenticabile e onirica infanzia dell’autrice, la quale ha potuto dischiudere e incarnare la sua futura vocazione alla parola proprio grazie alle tenere e salde narrazioni femminili dei racconti dell’età infantile, i quali costituivano un variegato compendio di avvincenti storie, tutt’altro che edulcorate, filastrocche semplici ed indelebilmente significative al contempo, dolci e memorabili nenie ma anche crudamente realistici e struggenti e tetri canti funebri. Una narrazione cangiante e concreta, nella quale viene inevitabilmente avvolto ogni aspetto dell’esistenza, dalle incontenibili gioie della fecondità e della nascita ai ferenti, feriti e struggenti drammi del dolore e della morte. Senza mai scordare, però, quella narrazione profetica benevola e benedicente, custodita persino nel fecondo, inconfondibile e delicato profumo del pane, nutrimento fondamentale e fondante per il corpo e l’anima, in quanto integrale, emblematica ed esaustiva espressione di una benevola e benedicente cultura, traboccante di parole e colma di sguardi di vita e di amore, quelle stesse che vengono prontamente celebrate ed evocate ogni 25 marzo, in occasione della solennità Mariana dell’Annunciazione, ineffabile, principale e inestimabile mistero della fede cristiana, mediante il quale il Verbo si fece carne, nell’accogliente e benedicente grembo di Maria, definita Benedetta da ogni generazione di uomini, proprio perché la sua vita è stata benedetta, ossia detta bene e pertanto sottoposta a una narrazione profetica positiva, che ha origine e compimento nell’inestimabile Grazia e inusitato privilegio dell’Incarnazione. Esso ci invita e ci incoraggia nuovamente a contemplare con particolare deferenza e ardente chiarezza e convinzione il ruolo trasformante delle parole, le quali assumono cosi una peculiarmente profonda dimensione, significato e concretezza tale da farsi carne e quindi modificare irreversibilmente la storia dell’umanità intera. Solennità Mariana che non a caso viene celebrata anche mediante la generosa distribuzione del tenero ed emblematico pane votivo, il quale ci insegna e rammenta con esplicita prontezza e decisiva delicatezza come esso rappresenti al contempo la forma ed il segno più eloquente della potenza custodita nell’adoperare parole che nutrono, curano e salvano. Possa ogni figura femminile e in particolare ogni madre, sulle eterne ed inestimabili orme di Maria, nutrire il Suo stesso sguardo benevolo, benedicente, positivo e propositivo sulla realtà: solo così infatti queste ultime, potranno generare, educare ed allevare un popolo di giovani felici, dunque un avvenire prospero e felice