COSA MANCA AI POLITICI ITALIANI DI OGGI? di Marco Tupponi
Oggi un politico con gli occhialini, che leggesse il greco e il latino, citasse interi canti di Dante a memoria, parlasse il tedesco (Alcide de Gasperi) e il russo (Palmiro Togliatti) come l’italiano sarebbe orribilmente antipatico ai colleghi e agli elettori.
Questo estratto di un articolo di Aldo Cazzullo, celebre inviato ed editorialista del Corriere della Sera, nonché scrittore di fama nazionale, non deve assolutamente passare inosservato, piuttosto deve offrire uno spunto di riflessione, perciò lo analizzerò punto per punto.
“Leggesse il greco e il latino” rimanda necessariamente ed innegabilmente ad una prerogativa tipica, peraltro, di alcuni degli alunni che frequentano questa scuola, ossia quelli del Liceo Classico Tradizionale: ciò che dice Cazzullo risulterebbe fuori luogo se si interpretasse come un elogio al Liceo Classico, inteso come “fabbrica di uomini politici”, tornando così al progetto originario che effettivamente prevedeva che il Liceo stesso fosse lo strumento di formazione delle classi dirigenti (concetto oramai superato).
Eppure il punto del discorso del citato editorialista è un altro.
Non vuole elogiare il politico che conosce il greco, il latino, i versi di Dante, il russo o il tedesco, piuttosto vuole criticare, in maniera velata e indiretta (tipico dei giornalisti del Corriere della Sera), la situazione attuale: lungi da me il voler dire che la politica sia un “affare aristocratico”, però ricordiamo anche che i politici stessi rappresentano, agli occhi del mondo, una nazione intera; ministri degli esteri che non parlano un inglese corretto (con una pronuncia di certo non anglosassone), ministri degli interni che si presentano al Parlamento Europeo con addosso una maglietta con su scritto “No €uro”, primi ministri che, nel bel mezzo di una conferenza stampa sulla situazione italiana legata alla pandemia da COVID-19, attaccano pubblicamente i membri dell’opposizione per i propri comportamenti (i miei riferimenti, pur non essendo
specificati i nomi, sono ben precisi): è questa l’Italia? Noi siamo questo?
Gli esempi che Cazzullo cita non sono casuali: De Gasperi e Togliatti. Tralasciando la loro linea di pensiero, erano uomini politici nel vero senso del termine, rendevano l’Italia celebre nel resto del mondo e non di certo per gaffe o scivoloni durante i loro discorsi, piuttosto per la loro fermezza politica e per l’evidente grandezza intellettuale (del primo è celebre, ad esempio, il discorso a Parigi alla Conferenza della Pace, dove, entrato in punta di piedi, ne uscì “vincitore”; al secondo era stato proposto, da Stalin in persona, di ricoprire la carica di segretario generale del “Kominform”,
ossia un’organizzazione internazionale che riuniva tutti i paesi comunisti).
Appoggiando la tesi di Cazzullo, tuttavia, non voglio arrivare ad una
soluzione scettica, fine a sé stessa (ad esempio, dicendo “La politica italiana di oggi fa schifo”, uno dei commenti più diffusi tra noi italiani): sarebbe troppo facile arrendersi in questo modo. Piuttosto il mio obiettivo (o forse desiderio) è quello di offrire a chi legge degli esempi positivi e negativi, cosa è da seguire, a parer mio, e cosa invece da evitare. Sono stanco di vedere l’Italia come lo zimbello dell’Europa: certamente per saper governare è necessario avere alcune capacità innate ma occorre altrettanto avere una certa cultura enciclopedica che, checché se ne dica, forma il modo di pensare, senza però sfociare nei due estremi viziosi (l’eccessivo estraniamento dalla realtà e l’assenza di una conoscenza adatta al ruolo), entrambi incarnati, al giorno d’oggi, dai nostri politici.
Forse personaggi del genere, come viene scritto da Cazzullo stesso, verrebbero snobbati, considerati come dei “professoroni”, dei “teorici”.
Forse la mia è un’utopia?