LA MARIJUANA SMETTE DI UCCIDERE di Roberta Soro e Amedeo Sale
2 dicembre 2020, l’Organizzazione delle Nazioni Unite decide finalmente di mettere mano alle regolamentazioni sulle droghe sancite nel 1961. Dal 1961, infatti, la Cannabis si trovava nella IV tabella per pericolosità, insieme a oppiacei come l’eroina. Da così tanto tempo una pianta con efficaci proprietà mediche e un effetto psicoattivo marginale e poco assuefacente era collocata affianco a una delle droghe più terribili di sempre, la falce nera di intere generazioni. Ma il 2 dicembre 2020 il mondo ha deciso di fare un passo avanti.
Il problema è stato presentato dall’OMS, con la proposta di apportare delle modifiche alle norme su THC, derivati e preparati sintetici. Inizialmente queste indicazioni sono state sottoposte al vaglio della Commissione Europea che, discostandosi da alcuni dei contenuti dell’offerta, ha rimandato la decisione alla sessione dell’Onu di inizio dicembre. Questa, si è conclusa con l’approvazione del depennamento della Cannabis dalla IV tabella, contenente gli stupefacenti nocivi. La scelta non è dovuta a una maggioranza schiacciante, infatti dei 53 stati membri della Commission for Narcotic Drugs solo 27 si sono espressi a favore.
Tuttavia, la deliberazione dell’Onu non è vincolante e non avrà risvolti immediati, infatti i singoli Stati si riservano la possibilità di accettare o meno queste condizioni. Fa però ben sperare la tendenza dei paesi membri a seguire le linee guida internazionali e ciò potrebbe anche comportare un cambio di rotta nei più convinti sostenitori della fazione avversa.
È questo l’avvio dell’età dell’oro della cannabis terapeutica?
Quello che stiamo attraversando è di certo un momento storico, che va sempre più ad evidenziare l’importanza delle proprietà curative di questa pianta. Infatti, è stata per anni al centro della ricerca farmaceutica e delle controversie interne alla comunità scientifica, fino alla scoperta della sua complessa gamma di applicazioni.
Nel campo del controllo degli spasmi THC e CBD migliorano il tremore e i movimenti involontari e agiscono sulle cause neurologiche all’origine di patologie come il Parkinson; inoltre, si configurano come una valida alternativa ai medicinali nella riduzione del numero e dell’intensità degli attacchi epilettici, evitando l’assunzione di farmaci che richiederebbero un dosaggio sempre maggiore e che potrebbero causare numerosi effetti collaterali, come crisi di astinenza e disturbi al fegato.
Per via delle sue qualità antidolorifiche e antiemetiche si trovano dei riscontri anche nel trattamento dei sintomi correlati al cancro, ad esempio nei forti dolori e nella nausea derivati dalla chemioterapia.
Oltre ai successi ottenuti nella cura di malattie croniche, la Cannabis viene in soccorso anche per problemi più diffusi come ansia e stress, infatti il consumo della qualità “indica” ha effetti rilassanti e ansiolitici.
Più che un passo avanti la decisione dell’Onu è un salto nel passato del pre-proibizionismo americano. Il consumo di Canapa terapeutica era diffuso e accettato già da secoli prima della nascita di qualsiasi ente internazionale, finché nel 1937 la Marihuana Tax Act del presidente statunitense Roosevelt ne ha decretato l’illegalità, contagiando rapidamente questa concezione al resto del mondo.
Da questo momento in poi l’associazione del termine Marijuana con quello di droga pesante è diventata automatica e diffusa, condizionando radicalmente l’opinione pubblica. È in un tale clima di chiusura mentale che nel 1964 sono ricominciati gli studi scientifici al riguardo.
Ormai le nuove generazioni sono stanche di dover sottostare all’anacronistico tabù della Cannabis e sperano che questo traguardo sia un ulteriore tassello nel quadro della liberalizzazione totale.
Il riconoscimento ufficiale di un’associazione come l’ONU rappresenta la definitiva risposta a tutti gli stereotipi legati all’uso di questa pianta, troppo spesso ridotta a una semplice droga, dimenticandone tutti gli effetti benefici nel campo medico e farmaceutico.
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