NOTE SU MEMORIA E RICORDO
La memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda. La memoria è un presente che non finisce mai di passare.
(Octavio Paz)
Le parole del poeta messicano Octavio Paz, premio Nobel per la letteratura nel 1990, si attagliano efficacemente a definire l’importanza della memoria: una espressione profondissima in grado di sollecitare il lettore e che in forme particolarmente dense di significato contiene insieme i concetti di memoria e ricordo. Si tratta di due termini che spesso utilizziamo indifferentemente come se fossero sinonimi ma che, come afferma Soren Kierkegaard nell’opera In Vino veritas, non corrispondono esattamente allo stesso concetto. Sia la memoria sia il ricordo permettono di preservare e quindi rivivere le esperienze, i fatti, le azioni, le emozioni del passato, ma sono legati a sfumature e suggestioni diverse. La parola ricordo trova la sua origine etimologica nel latino “re-cordor” e contiene in sé il termine “cuore”, si lega pertanto alla sfera tutta soggettiva, personale ed intima dei sentimenti, implica il potere di “richiamare al cuore” quanto abbiamo vissuto. La memoria, dal greco “μιμνῄσκω”, è una attività della mente, attiene all’ambito dell’intelletto. La memoria, afferma Octavio Paz, è ciò che ci ricorda: molte possono essere le interpretazioni di una locuzione così pregnante: si può dire che la memoria riporta al cuore chi davvero siamo, connette la nostra mente, con il suo potere conoscitivo, le sue facoltà di formazione di concetti, di comprensione, al nostro cuore, agli affetti, alle passioni, ai sentimenti. Per dirla con Borges: “noi siamo la nostra memoria”. Ed è la memoria il legame che annoda il passato, sedimentato in noi, alla cognizione autentica del presente, un presente che non finisce mai di passare: e sulla base di tale consapevolezza che può essere presupposta l’edificazione del futuro. Fare memoria storica entro una prospettiva critica esercitata dalle facoltà intellettive permette di acquisire conoscenze ed operare una analisi volta a comprendere gli eventi del passato, interpretare il presente, e quindi capire il nostro tempo in forme consapevoli e responsabili, nonchè ricavare moniti ed insegnamenti per il futuro. Ricordare ciò che è stato attivando i sentimenti significa però anche sforzarsi di maturare una conoscenza per così dire empatica, capace di generare compassione, comprensione autentica degli stati d’animo, dei sentimenti, delle gioie e delle sofferenze sottesi agli avvenimenti del passato, sottraendo all’oblio del tempo che tutto divora il ricordo di coloro che ci hanno preceduti.
Una riflessione che si fa prepotentemente urgente in occasione del prossimo 27 gennaio, Giornata della memoria, istituita per non dimenticare le vittime dell’Olocausto e mantenere viva la coscienza di tutti e di ciascuno su una delle pagine più tenebrose e drammatiche del XX secolo. l’Olocausto e le atrocità e le violenze ad esso connesse, per assumere scelte responsabili finalizzate ad evitare che simili orrori si ripetano, mentre anche il nostro tempo è drammaticamente attraversato da forme di discriminazione e odio in varie forme e in molte regioni del mondo. Un memento indispensabile perché, come affermava Primo Levi, “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
Venturella Frogheri
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