THE ENEMY OF MAN IS HIS OWN DECAY di Chiara Mazzette
Il 6 novembre del 2020 i System of a Down, gruppo metal statunitense, ha rilasciato, tra l’esaltazione e la frenesia dei fan, due singoli dopo 15 anni di inattività.
Dopo i loro ultimi due album, Mesmerized e Hypnotized che risalgono al 2005, c’erano infatti stati degli screzi tra i componenti del gruppo dovuti a divergenze creative. Serj Tankian, leader e voce della band, ha dichiarato di non sentirsi più vicino alla loro musica e di aver bisogno di lavorare come solista. Fu lui a chiedere la pausa al resto del gruppo nel 2006.
Nonostante questo lungo silenzio discografico, nel 2020 i SOAD sono finalmente tornati. Hanno “ingoiato” un po’ del loro orgoglio? Hanno ceduto alle disperate richieste dei fan?
Il motivo è molto più profondo: si sono sentiti in dovere di spargere la voce e sensibilizzare riguardo il conflitto interno al proprio Stato, l’Armenia, essendo capaci, tra le poche celebrità provenienti da questo Stato, di poter arrivare ad un pubblico tanto vasto.
Non è nemmeno la prima volta che il gruppo si espone su argomenti simili: anche “P.L.U.C.K.”, brano tratto dall’album d’esordio (intitolato “System of a Down”), e “Holy Mountains”, tratto da “Hypnotized”, affrontano il genocidio armeno.
I due singoli diffusi lo scorso mese, intitolati “Protect The Land” (di cui è stato pubblicato anche un videoclip ufficiale che mostra scene di proteste e combattimenti della popolazione armena) e “Genocidal Humanoidz”, raccontano del conflitto del Nagorno-Karabakh, che si svolse tra il 1992 e il 1994 e che si è ripresentato quest’anno. Il 27 settembre l’Azerbaijan, appoggiato dalla Turchia, ha dichiarato guerra all’Armenia con lo scopo di appropriarsi di questo territorio. L’Armenia, regione proporzionalmente più piccola e povera, ha dunque subìto gli attacchi dell’esercito turco, così come, circa cento anni fa, ha dovuto subire il massacro di 1.5 milioni di cittadini durante il cosiddetto genocidio armeno (nonostante i negazionisti tuttora lo smentiscano).
Perciò i membri del gruppo, Serj Tankian, Daron Malakian, Shavo Odadjian e John Dolmayan, tutti e quattro discendenti di sopravvissuti dell’olocausto armeno, hanno deciso di mettere da parte i diverbi e le differenti opinioni politiche per creare due inni contro questa guerra che temano possa degenerare in un nuovo genocidio.
I ricavati della vendita e dello streaming dei due brani verranno destinati all’Armenia Fund, un’organizzazione umanitaria, non governativa e non politica che si occupa dei civili, degli sfollati, dei giovani e degli anziani protagonisti della diaspora armena.
Nonostante tutto, dunque, i quattro si sono riuniti in favore di un bene più grande, un grande gesto che determinerà la salvezza di moltissime persone, concentrando l’attenzione dei media su un tema spesso e ingiustamente lasciato in secondo piano.